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mercoledì 29 maggio 2013

SANZIONI A CARICO DI PERCETTORI INDENNITA' ACCOMPAGNAMENTO A SEGUITO RICOVERO OSPEDALIERO: IL PARERE LEGALE DI ADOC.

                                             



Sono numerosi i cittadini che negli ultimi mesi hanno chiesto assistenza allo sportello provinciale dell’ADOC relativamente a sanzioni, emesse  dalla Prefettura di Brindisi – Area Depenalizzazione – per violazione dell’art. 316 ter, comma 2° del codice penale ossia l’indebito conseguimento di somme riguardanti l’indennità di accompagnamento e relative all’ipotesi in cui un soggetto sia contestualmente ricoverato presso una struttura ospedaliera ed ometta di comunicare all’INPS tale circostanza. Trattasi in buona sostanza della situazione in cui un malato già percettore di una indennità di accompagnamento poiché, ad esempio, invalido totale, si trovi ad essere nel contempo ricoverato in Ospedale per ulteriori patologie. E’ quanto sostiene l’Avv. Elia Marco dell’ufficio legale dell’ADOC che precisa: la legge 18/1980 che regolamenta l'erogazione dell'indennità di accompagnamento, all'articolo 1 comma 3, esclude dalla fruizione della su menzionata indennità gli "invalidi civili gravi ricoverati gratuitamente in istituto". Su tale precetto, però, si pone una questione di assoluta rilevanza e di stringente attualità, considerate le condizioni in cui versano attualmente le strutture ospedaliere, che sono afflitte da una endemica carenza di personale medico ed infermieristico. Infatti, succede spesso che le precarie condizioni in cui versa il malato ricoverato in Ospedale impongano una continua assistenza da parte di parenti o conoscenti che, di fatto, sono costretti a recarsi con continuità a prestare assistenza presso il loro caro. Si pone, pertanto, una quaestio iuris di notevole rilievo, comprendere se il legislatore, nel sancire la ricordata esclusione dall'indennità, abbia inteso significare che l'indennità di accompagnamento non è erogata in caso di "ricovero presso qualsiasi struttura" di cura ovvero se la citata erogazione venga meno solo in caso di ricovero presso un "istituto", vale a dire una struttura in cui, oltre alle cure mediche, venga garantita al paziente totalmente invalido e non autosufficiente una assistenza completa, anche di carattere personale, continuativa ed efficiente in ordine a tutti gli "atti quotidiani della vita" cui l'indennità in parola è destinata a fare fronte, tale da rendere superflua la presenza dei familiari o di terze persone. Su tale specifica vicenda si è espressa dapprima la Corte Costituzionale con la sentenza n° 183 del 22 Aprile 1991 e, successivamente, si è ripetutamente pronunziata la Corte di Cassazione che, con la storica statuizione 2270/2007, ha affermato quanto segue: va dunque affermato che il ricovero presso un ospedale pubblico non costituisce "sic et simpliciter" l'equivalente del "ricovero in istituto" ai sensi della legge n. 18 del 1980, art. 1, comma 3 e che pertanto l'indennità di accompagnamento può spettare all'invalido civile grave anche durante il ricovero in ospedale, ove si dimostri che le prestazioni assicurate dall'ospedale medesimo non esauriscono tutte le forme di assistenza di cui il paziente necessita per la vita quotidiana".  Conseguentemente la Suprema Corte con una serie di pronunce ha esteso il perimetro del diritto all'indennità di accompagnamento ritenendo che la stessa spetti anche in caso di ricovero gratuito in ospedale laddove la struttura non assolva per intero alle funzioni cui è preordinata l'indennità di accompagno costringendo il beneficiario a rivolgersi all'esterno erogando un corrispettivo, ad esempio, ad un infermiere privato ovvero inducendo i familiari del beneficiario a fornire gratuitamente assistenza sostitutiva. 
È questo il punto nodale della questione che attanaglia centinaia di cittadini che in questi ultimi mesi vedono arrivare cospicue sanzioni nonostante siano stati costretti, per le precarie condizioni di salute dei propri familiari o amici, a recarsi quotidianamente a far loro visita e prestare costante assistenza.
Il rimedio avverso tale - spesso ingiusto - provvedimento c’è, come confermato dall’Avv. Marco ELIA dell’Adoc di Brindisi, ed è quello di presentare alla locale Prefettura ed all’Inps degli scritti difensivi in cui si dia atto di quanto magistralmente statuito dalla Cassazione ed appena riportato, ma, nondimeno, in cui si dia contezza della assoluta importanza dell’ulteriore assistenza di cui il malato ha avuto necessità e non erogata dal Nosocomio.
Quindi, afferma l’Avv. Elia, assume rilievo un’attività sicuramente impegnativa, talvolta diurna e notturna che garantisce un’assistenza ininterrotta e regolare, esercitata spesso dai parenti più stretti che devono farsi carico delle numerose esigenze non rientranti nell'assistenza sanitaria fornita dall'Ospedale.
Pertanto, in tal caso, si potranno presentare entro 30 giorni dalla notifica della violazione scritti difensivi tramite i quali la Prefettura potrebbe, ove ravvisi gli estremi, procedere all’archiviazione del relativo procedimento con decadenza della relativa sanzione. Si rammenta che la norma penale in argomento prevede che “Quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a 3.999,96 euro si applica soltanto la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da 5.164,00 euro a 25.822,00 euro. Tale sanzione non può comunque superare il triplo del beneficio conseguito”.
Successivamente, qualora vi sia un esito negativo e, quindi, nel caso di emissione di ordinanza ingiunzione potrà comunque presentarsi ricorso dinanzi all’Autorità Giudiziaria. L’ufficio legale dell’ADOC di Brindisi è a disposizione dei cittadini che hanno bisogno di assistenza nei giorni di Lunedì, Martedì, Mercoledì e Giovedì dalle ore 17.00 alle 19.00. Per informazioni e contatti telefonare al 349 0733840 o inviare una e mail all’indirizzo brindisi@adocpuglia.it 

Brindisi li 29 Maggio 2013 
       

                                                                                UFFICIO STAMPA ADOC

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