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mercoledì 25 marzo 2015

"SICURAMENTE ONLINE": L'INTERVENTO DELLA DOTT.SSA AUGUSTA IANNINI ( VICE PRESIDENTE AUTORITA' GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI)

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Dott.ssa Augusta Iannini

                                                                    


                               



Social privacy: due parole che sembrano inconciliabili. Da una parte il mondo delle tecnologie e delle pratiche on line che tutti noi utilizziamo ma con diversi livelli di consapevolezza per condividere contenuti testuali, immagini, video, audio etc. e di cui nessuno può e vuole fare a meno e rispetto al quale l’atteggiamento è o di eccessiva familiarità o di analfabetismo culturale. Dall’altra il richiamo che ognuno di noi sente, quando viene violato il suo diritto ad essere lasciato in pace,alla propria privacy, che si traduce nel desiderio di veder scomparire dai motori di ricerca il proprio nome ed i propri fatti.
La circostanza che spesso gli utenti di internet sono anche dei minori  ha fatto scattare delle forme di protezione che si racchiudono in una serie di interventi normativi, sia a livello internazionale che nazionale, molto spesso inefficaci. Inefficaci perché queste piazza virtuali, questi luoghi di incontro, di confronto e di scontro hanno cambiato la nostra vita ma, in particolare, hanno cambiato le nostre abitudini di vita e, soprattutto il concetto di rispetto delle regole. Ed una di queste regole è il rispetto della propria e dell’altrui riservatezza.
La privacy nei social è il diritto, in capo a chi utilizza questi mezzi, di controllare che i propri dati personali (cioè tutte le loro informazioni) vengano trattate correttamente e con possibilità, per l’interessato, di intervenire e di ripristinare “una corretta immagine di sé”.Questo significa che chi tratta i miei dati personali deve informarmi sulle finalità e modalità del trattamento in modo che io possa esprimere un consenso libero, consapevole,che può essere revocato quando io lo desidero e senza alcuna giustificazione.
Sono regole semplici. Ma applicarle al mondo virtuale è problematico perché i social sono strumenti “planetari” e non è affatto facile azionare i propri diritti ed eseguire i provvedimenti che si possono ottenere a proprio favore.
I giuristi definiscono questo problema “giurisdizione”, ovvero il potere di uno Stato di far rispettare le proprie regole al di fuori dei suoi confini.
I Garanti della privacy hanno indicato delle prescrizioni ai fornitori di servizi dei social che riguardano, oltre all’informativa “leale”, le ,impostazioni di default sulla privacy, il potenziamento delle misure di controllo per impedire gli accessi abusivi ai profili-utenti da parte dei soggetti terzi, la semplificazione e l’immediatezza per recedere dal servizio, il consenso per l’indicizzazione dei dati del proprio profilo etc.
Ma siccome fare applicare queste regole è complicato,è meglio autogestirsi, conoscendo meglio i rischi in cui si può cadere. Se, infatti, si crea un problema e vogliamo farci dimenticare per quello che abbiamo scritto, postato, taggato, il c.d. diritto all’oblio ci aiuta ma fino ad un certo punto. Il diritto ad essere dimenticati è un diritto riconosciuto nelle sentenza ma è tecnicamente difficile da realizzare. Sarà riconosciuto anche nel nuovo regolamento europeo e la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è portata avanti stabilendo che i cittadini europei possono chiedere a Googledi rimuovere i risultati non più rilevanti o eccessivi rispetto agli scopi per cui sono stati pubblicati. Si riempie un modulo e se Google concorda, cancella il link di riferimento ,diversamente bisogna rivolgersi ai Garanti nazionali. Anche se i costi sono modesti, la procedura non è semplicissima.
Dunque meglio prevenire e se siamo noi a diffondere i nostri dati attraverso i social dobbiamo essere consapevoli,ad esempio, che su Facebook, quando ci si iscrive, il nostro nome, automaticamente e senza consenso, è indicizzato dai motori di ricerca esterni al network e, dunque, dati ed immagine sono visibili a qualsiasi soggetto. Così come dobbiamo essere consapevoli che l’utente non può recedere dal servizio perché nella pagina principale non ci sono indicazioni e bisogna accedere alla funzione “impostazioni”per cancellare l’account.In ogni caso tutte le informazioni, le immagini ed i dati personali restano sul server per un tempo indeterminato.
Dunque gestiamo le nostre informazioni e, soprattutto, gestiamo bene le informazioni degli altri. Perchéi social sono luoghi in cui si applicano le stesse regole della vita reale.

Inoltre la vostra attenzione nell’utilizzo dei social network non deve essere focalizzata soltanto sui rischi per la vostra e l’altrui privacy; ci sono, infatti, anche altre (a volte gravi) conseguenze che possono derivare dall’improprio uso di questi mezzi di comunicazione.
Innanzitutto internet non è un luogo in cui non valgono le leggi applicabili nel mondo reale ma è, di certo, un luogo con delle particolari caratteristiche:

-         È meramente virtuale;
-         L’accesso dell’utenza è mediato dall’utilizzo di uno strumento informatico (pc, tablet, smartphone, ecc.);
-         Le informazioni in esso presenti e reperibili sono generalmente a disposizione di una pluralità indefinita di soggetti.

Pur considerando queste sue peculiarità, dovete avere ben chiaro che ciò che è vietato nel mondo reale è vietato anche in internet; anzi, a volte ciò che viene fatto sul web può essere molto più grave dello stesso fatto ,commesso nel mondo fisico, proprio per la particolare diffusività delle informazioni e delle notizie presenti in rete.
 Mi riferisco a tutta una serie di reati, cioè di fatti severamente puniti dal codice penale, che vengono quotidianamente commessi online nella ordinaria percezione del web come un luogo ove regna una sostanziale impunità. Invece, per capirci:  acquistare (o scaricare) programmi non originali o comprare merce di dubbia provenienza è vietato sia se lo facciate ricorrendo al vu cumprà per strada, sia che lo facciate ricorrendo a emule e bittorrent o andando su ebay!

Quindi, tornando ai nostri social network, a cosa dobbiamo stare attenti?
Principalmente a non offendere nessuno con il nostro linguaggio: gli insulti sono, infatti, puniti dal codice penale, integrano un reato chiamato «ingiuria»; in chat non sono libero di dire ciò che voglio, devo rispettare le stesse regole del mondo reale.
Questo vale, a maggior ragione per il diverso reato di «diffamazione»: se offendo qualcuno parlando di lui con altre persone (o anche semplicemente postando un commento che tutti possono leggere), commetto proprio questo reato; ricordatevi, poi, quello che abbiamo detto poco fa: in internet rimane tutto, dopo non potete dire che non è vero niente, che Tizio o Caio si è inventato tutto: le offese rimangono lì, tutti le possono leggere, copiare o, più semplicemente farne uno screenshot, e anche se poi le cancellate ormai il danno è fatto!
La Cassazione, in una sentenza recentissima, ha ribadito che la diffamazione tramite internet costituisce un’ipotesi di diffamazione aggravata perché commessa con un mezzo idoneo a determinare quella maggiore diffusività dell’offesa che giustifica una sanzione più grave. E la diffamazione, nel caso concreto, riguardava la diffusione di un’immagine privata di una donna sul web, da parte di un suo ex amico, avvenuta attraverso un programma finalizzato alla condivisione di files.

Ci sono, poi, dei reati ancora più gravi nei quali potete restare coinvolti senza nemmeno rendervene conto; forse pensate che tutto sia lecito se c’è il consenso dell’interessato, ma per i minorenni non è così. Attenti allora a scambiarvi materiale “sexy”, “osè”, chiamatelo come volete, delle vostre compagne o dei vostri compagni di scuola. Anche se ve lo hanno mandato loro, non vuol dire che vogliano lasciarvi condividere le immagini con altri soggetti; ma anche se lo volessero, sappiate che il solo procurarsi o detenere questo tipo di materiale, in cui siano coinvolti minorenni, costituisce reato. Per non parlare, poi,  della cessione ad altri; e attenzione, perché non è punita solo la cessione a pagamento ma anche quella del tutto gratuita! Anche mandare un WhatsApp al proprio compagno per condividere la visione di una foto o di un video può, quindi, mettervi seriamente nei guai.

Penso, quindi, che abbiate già la sensibilità necessaria per rendervi conto da soli che non è il caso di “vendicarsi” della propria o del proprio ex pubblicando in internet video o foto compromettenti; né, tantomeno, di pubblicare video offensivi inerenti i vostri compagni, specie se disabili. Magari crederete sia tutto un gioco, o uno scherzo innocente, ma vi assicuro che così non è; le conseguenze possono essere davvero gravi (e non c’è bisogno di ricordare, i recenti casi di suicidio che si sono verificati proprio per non aver sopportato la vergogna di un video o di alcune foto pubblicate sul web).

Non è, infine, possibile utilizzare la minaccia di diffondere questi materiali per ottenere una qualche utilità (soldi, ricariche telefoniche, o altro): oltre a essere una condotta veramente deprecabile e socialmente da disprezzare, costituisce anche reato (si chiama «estorsione»!).

Quindi i comportamenti che vi ho descritto non solo producono irreversibili lesioni della psiche di chi li subisce, ma in più  rovinano anche la vita di chi li pone in essere  perché, dopo i quattordici anni, tutti sono “imputabili”, ovvero  processabili e condannabili proprio come degli adulti.

Ma non solo, perché bisogna valutare  anche le conseguenze civilistiche che i nostri comportamenti possono determinare; infatti, dalla commissione di un reato scaturiscono anche gli obblighi al risarcimento  del danno  arrecatoche graverà sui genitori visto che fino alla  maggiore età sono loro i responsabili delle conseguenze economiche delle  condotte poste in essere dai minori.

Quindi, utilizzate pure tutti gli strumenti che la tecnologia mette a vostra disposizione, ma utilizzateli nel modo corretto, pensando sempre alla vostra tutela ed a quella dei vostri cari e di tutti quelli che coinvolgete nelle chiacchierate online.

Un attimo di riflessione prima di premere invio, dopo è quasi sempre troppo tardi.
Passiamo al filmato

Ma in conclusione come e in che modo dobbiamo  utilizzare I social.? Ognuno avrà una sua ricetta : anch’io ne ho una e mi affido ad una storia per indicarvela : la racconta un giovane ricercatore inun libro che si chiama “privacy”.filosofia e politica di un concetto inesistente”. E’ la storia di due fratelli, molto simili tra loro fisicamente e culturalmente ma differenti in un aspetto caratteriale non secondario. Il piccolo, molto riservato,il secondo, più grande, decisamente socievole.Il fratello minore non aveva un telefono cellulare, non navigava in rete , non amava per nulla parlare di sé. Il fratello maggiore ,invece, aveva un profilo su facebook, condivideva fotografie su Instagram, mandava messaggi con WhatsApp e Telegram, comunicava con Skipe,aggiornava il suo blog con Wordpress,descriveva i suoi pensieri su twitter, caricava filmati su you tube aggiornava i documenti su drop box e consultava freneticamente il suo account gmail.

Un giorno, all’insaputa l’uno dell’altro, vengono convocati da una grande azienda, dove avevano fatto domanda per lo stesso posto l’uno all’insaputa dell’altro ed apprendono di non essere stati scelti per quel posto nonostante gli eccellenti curricula. Al fratello più piccolo fu rimproverato di non consentire di raccogliere informazioni sul suo conto, al di là del curriculum. “Sembra che lei non esista, il suo nome non è neppure su Internet, non sappiamo nulla di come lei è, al di là di quello che ci vuol far sapere attraverso il suo curriculum.” Al fratello più grande fu rimproverato di consentire la raccolta di troppe informazioni sul suo conto.“Di lei sappiamo tutto. Chi frequenta, dove è stato in vacanza, i suoi hobby, l’immagine della sua prima fidanzatina alle elementari. E la nostra azienda non si fida né delle persone di cui non sa nulla perché potrebbero avere qualcosa da nascondere né di quelle che fanno sapere troppo di sé perché potrebbero non essere in grado di mantenere un segreto.

E allora quale è la strada giusta?Ad ognuno di voi, dopo questa storiella, la risposta.

Brindisi li, 3 Marzo 2015

                                                                                      Vice Presidente 
                                                          Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali
                                                                                 Dott.ssa Augusta Iannini

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