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martedì 27 marzo 2012

Varato il DDL per prevenire i fallimenti dei cittadini.



Nella giornata odierna si è scritta una pagina storica nel libro delle tutele dei consumatori. 
Il Consiglio dei ministri, infatti, ha  approvato un disegno di legge che regola, per la prima volta nella storia del Paese, il caso di bancarotta individuale. Così come avviene per le imprese anche il cittaino debitore avrà la possibilità di rientrare dal debito evitando di incorrere in pignoramenti e limitazioni varie.
"Il giudice - spiega il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Zoppini, padre del provvedimento - potrà guidare questo debitore verso una ristrutturazione ragionata della sua esposizione. Noi non vogliamo certo incoraggiare la corsa ai debiti. Non vogliamo neanche che una persona perda per sempre il diritto al consumo solo perché si è ammalata, ha divorziato, ha perso il posto di lavoro".
Il disegno di legge, che modifica la legge sull'usura del gennaio 2012, salvaguardia creditori speciali (come una ex moglie che riceve gli alimenti) e non autorizza la cancellazione dei debiti verso lo Stato, ma solo la rateizzazione. Ma alla fine di un percorso complesso, saldate una parte delle proprie obbligazioni, il consumatore potrà beneficiare della cancellazione di tutti i suoi debiti e "godere  -  spiega Zoppini  -  di una seconda possibilità"

LA COMPOSIZIONE
Progetto di rientro attendibile e il giudice zittisce i creditori
Il disegno di legge prevede una prima ciambella di salvataggio per il consumatore sopraffatto
dai debiti: la "Composizione". La persona in affanno ha il diritto di rivolgersi agli "Organismi di composizione della crisi" che funzioneranno da consulenti gratuiti. Con la loro assistenza, il debitore potrà preparare un "piano di ristrutturazione" del suo ammanco, dove spiegherà quanto può realisticamente rimborsare e in che modo.
Per soddisfare le richieste dei suoi creditori, il debitore potrà offrire beni di cui sia proprietario o che immagina di avere in futuro (per una liquidazione, un'eredità). Questo piano andrà poi all'esame del giudice, che dirà se sia realistico ed esente da frodi. A quel punto il giudice potrà "omologare" il piano e imporlo all'intera platea dei creditori.
L'omologazione sospende ogni iniziativa ai danni del debitore, i cui beni non potranno essere pignorati. Se il debitore rispetterà i termini del piano, il suo debito totale sarà cancellato (anche se i creditori hanno recuperato una parte di quanto loro spettava). Il giudice dovrà tutelare creditori "speciali" (ad esempio la ex moglie destinataria di alimenti) e verificare che questo percorso sia più conveniente rispetto all'altra strada che lo stesso disegno di legge prevede: la liquidazione.

LA LIQUIDAZIONE
Tutti i beni liquidati senza spese. Sconti a senza lavoro e divorziati
Una persona potrebbe avere tanti debiti, ma disporre anche di proprietà che permettano di fronteggiare  -  almeno in parte - la situazione di emergenza. Questo intero monte di proprietà potrà essere consegnato ad un liquidatore che lo metterà in vendita. La liquidazione sarà accelerata e non comporterà costi per la persona in rosso.
Il percorso - come quello alternativo della "Composizione" - potrebbe saldare solo una fetta dei debiti. Quella che resta fuori diventa, in ogni caso, inesigibile. Nel caso della liquidazione come anche della "Composizione", il giudice valuterà la "meritevolezza" del debitore.
In altre parole, le ciambelle di salvataggio arriveranno se il debitore dimostrerà di aver contratto debiti ragionevoli rispetto al reddito del momento. "Nessun aiuto ai furbi che hanno preso la Ferrari con uno stipendio da impiegato  -  dice il sottosegretario Zoppini, padre del provvedimento  -  ma nessuna condanna a vita per chi ha preso un televisore a rate o una Panda quando aveva un lavoro regolare". Nel valutare la "meritevolezza" del debitore, il giudice terrà conto di circostanze straordinarie che ne hanno compromesso intanto le entrate, dalla malattia al licenziamento, fino al divorzio.

GLI ALTRI PAESI
Berlino all'avanguardia. In Svezia c'è l'Authority
Convinti che l'ammanco personale sia figlio del demonio, i legislatori italiani non hanno mai preso in esame la riabilitazione della persona sopraffatta - suo malgrado e in buona fede - dai debiti. E così l'Italia resta l'unico Paese dell'Ue a non disciplinare la crisi da "sovraindebitamento" (insieme alla piccola Ungheria).
Nelle altre nazioni, la legge esiste e si basa su due idee. Primo: chi è andato in rosso può meritare una nuova occasione e, dunque, va restituito alla vita civile e al consumo. Secondo: i creditori rischiano di restare a bocca asciutta se uno solo di loro, più veloce e scaltro, ottiene un pignoramento e si porta via gli ultimi averi del debitore. Anche i creditori, quindi, vanno protetti.
In Svezia, il consumatore in difficoltà presenta un "Piano di rientro" ad una Autorità indipendente che accoglie il 60% delle proposte ogni anno. La Germania richiede l'accordo della maggioranza dei creditori e nega il "salvataggio" del consumatore quando la gran parte dei debiti sia stata accesa nell'ultimo anno. La Danimarca - in base alle Legge Fallimentare del 2005 - considera decisiva la "meritevolezza" del debitore: se ha acceso il mutuo quando aveva un posto stabile, e poi lo ha perso, non può essere consegnato alla "morte civile".

I DEBITI DEGLI ITALIANI
Per cancellare il deficit 13 mesi senza spendere
Il 27,7 per cento delle famiglie italiane è indebitato. Un "rosso" che la Banca d'Italia stima in 43 mila 792 euro, di media. "Per cancellarlo  -  calcola ora il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Zoppini  -  gli italiani dovrebbero mettere da parte ogni singolo euro guadagnato per 13 mesi di fila". Una utopia. Il debito, però, non è sempre sinonimo di povertà, anzi. Spesso persone dai redditi medio-alti, e qualche proprietà alle spalle, accendono mutui importanti per comprare un'abitazione. L'11,4 per cento dei nuclei familiari deve rimborsare, appunto, mutui o prestiti per la ristrutturazione di immobili; mentre il 12,4 e il 5,6% ricorre a finanziamenti tramite carta di credito e allo scoperto di conto corrente.
Ci sono le banche (ammesso che prestino ancora dei soldi). Ci sono le società finanziarie e, purtroppo, anche gli usurai.
Gli italiani vulnerabili, quelli che devono spendere oltre il 30 del reddito annuo per ripagare il debito, sono l'11,1% di quelli indebitati. La vulnerabilità attecchisce nei nuclei con entrate modeste. Riguarda il 37,9% delle famiglie più in basso nella scala delle entrate, contro il 2,2% dei ricchi. 

Fonte Repubblica

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